L'arte di essere coppia - Lezione #9: “Il tempo che nutre: rituali d’amore quotidiani”
- minorusso
- 16 mar
- Tempo di lettura: 4 min

L’amore, si dice, è un’emozione che travolge, un sentimento che eleva, una passione che brucia. Eppure, quante volte abbiamo visto questa emozione svanire, questo sentimento appassire, questa passione spegnersi? Quante volte abbiamo assistito al lento, inesorabile declino di un amore che sembrava definitivo, invincibile, immortale? La verità, forse, è che l’amore non è solo emozione, non è solo sentimento, non è solo passione. L’amore è anche, e soprattutto, tempo. Tempo che scorre, tempo che si accumula, tempo che nutre.
Ma come può il tempo nutrire l’amore? Come può qualcosa di così effimero, di così sfuggente, diventare il fondamento di un sentimento che ambisce all’eternità? La risposta, forse, sta nei rituali. Quei piccoli gesti, apparentemente insignificanti, che si ripetono ogni giorno, come un mantra, come una preghiera, come un canto. I rituali sono il modo in cui il tempo si fa carne, in cui il tempo si fa amore.
Il tempo che nutre: tra eternità e quotidianità
L’amore è un paradosso. Da un lato, aspira all’eternità, all’infinito, all’assoluto. Dall’altro, vive nel quotidiano, nel banale, nel ripetitivo. Come conciliare queste due dimensioni apparentemente inconciliabili? Come fare in modo che l’amore non si perda nella noia della routine, ma ne tragga invece forza e nutrimento?
La risposta, ancora una volta, sta nei rituali. I rituali sono il ponte tra l’eternità e la quotidianità. Sono il modo in cui l’infinito si incarna nel finito, in cui l’assoluto si fa relativo, in cui l’amore diventa gesto, azione, presenza.
Prendiamo, ad esempio, il “rito del tè delle 18”. Dieci minuti al giorno, ogni giorno, per parlare senza distrazioni, senza cellulare, per guardarsi negli occhi, per ascoltarsi. Dieci minuti che sembrano nulla, eppure sono tutto. Perché in quei dieci minuti non si parla solo di lavoro, di figli, di bollette. In quei dieci minuti si parla di sé, dell’altro, dell’amore. Si parla di ciò che è stato, di ciò che è, di ciò che sarà. Si parla di vita, di morte, di eternità.
Quei dieci minuti sono un rituale, e come tutti i rituali, hanno un potere sacro. Sono un momento sospeso nel tempo, un momento in cui il tempo sembra fermarsi, per poi riprendere il suo corso, più lento, più dolce, più ricco.
I rituali come atti di fedeltà
Fabrizio Caramagna scrive: *“L’amore non ha bisogno di essere straordinario. Ha bisogno di essere fedele”*. Ecco, i rituali sono proprio questo: atti di fedeltà. Non gesti eclatanti, non prove d’amore straordinarie, ma piccole, costanti, ripetute dimostrazioni di presenza.
La fedeltà, in questo senso, non è solo una questione di esclusività sessuale. La fedeltà è una questione di tempo. È la capacità di donare all’altro il proprio tempo, giorno dopo giorno, senza riserve, senza condizioni. È la capacità di essere lì, sempre, anche quando non c’è nulla di speciale da festeggiare, nulla di straordinario da vivere.
Pensate a una coppia che, ogni sera, prima di dormire, si scambia un bacio. Un bacio che, col passare degli anni, potrebbe diventare automatico, meccanico, privo di significato. Eppure, se quel bacio viene dato con consapevolezza, se viene vissuto come un rituale, allora diventa un atto di fedeltà. Diventa un modo per dire: “Io ci sono. Ci sono oggi, come c’ero ieri, come ci sarò domani”.
I rituali come antidoto alla morte dell’amore
Ma perché i rituali sono così importanti? Perché hanno questo potere di nutrire l’amore, di mantenerlo vivo, di proteggerlo dalla morte?
La risposta sta nella natura stessa del tempo. Il tempo è ciò che ci separa dalla morte, ma è anche ciò che ci avvicina ad essa. Il tempo è un’entità ambivalente: da un lato, ci dona la vita; dall’altro, ce la sottrae.
I rituali sono un modo per sfidare il tempo, per ribellarsi alla sua tirannia. Sono un modo per dire: “No, non lascerò che il tempo uccida il mio amore. Non lascerò che il tempo lo consumi, lo logori, lo distrugga”.
Prendiamo, ad esempio, una coppia che, ogni anno, nel giorno del suo anniversario, torna nello stesso ristorante, ordina lo stesso piatto, beve lo stesso vino. Quel gesto, apparentemente banale, è in realtà un atto di ribellione. È un modo per dire: “Noi resistiamo. Resisteremo al tempo, alla noia, alla routine. Resisteremo perché il nostro amore è più forte del tempo”.
I rituali come creazione di senso
Ma i rituali non sono solo un antidoto alla morte dell’amore. Sono anche, e soprattutto, una creazione di senso.
Viviamo in un’epoca in cui il senso sembra essersi dissolto, in cui tutto appare effimero, transitorio, precario. In un’epoca del genere, i rituali diventano un’ancora, un punto fermo, una bussola.
È quello che è accaduto a quella coppia che, ogni domenica mattina degli ultimi trent'anni, ha fatto colazione insieme, leggendo il giornale, scambiandosi due parole, sorseggiando un caffè. Quel momento, apparentemente insignificante, è stato, in realtà, una vera e propria creazione di senso. È stato un modo per dire: “La nostra vita ha un senso. Il nostro amore ha un senso. E quel senso lo abbiamo creiamo noi, giorno dopo giorno, gesto dopo gesto”.
I rituali come dialogo
Infine, i rituali sono un dialogo. Un dialogo non solo con l’altro, ma anche con se stessi, con il proprio passato, con il proprio futuro.
Consideriamo una coppia che, ogni sera, prima di dormire, si racconta com’è andata la giornata. Quel momento non è solo un modo per condividere, per ascoltare, per comprendere. È anche un modo per riflettere, per interrogarsi, per crescere.
I rituali, in questo senso, sono un’occasione per entrare in contatto con la propria interiorità, per esplorare i propri desideri, le proprie paure, le proprie speranze. Sono un’occasione per diventare più consapevoli, più autentici, più veri.
Esercizio: il rito del tè delle 18
E allora, proviamo. Proviamo a creare un rituale. Proviamo a dedicare dieci minuti al giorno, ogni giorno, per parlare senza distrazioni, per guardarci negli occhi, per ascoltarci. Dieci minuti che sembrano nulla, eppure sono tutto.
Proviamo a farlo con consapevolezza, con intenzione, con amore. Proviamo a trasformare quei dieci minuti in un atto di fedeltà, in un antidoto alla morte dell’amore, in una creazione di senso, in un dialogo.
Proviamo, e vediamo cosa succede. Vediamo se quei dieci minuti possono diventare il fondamento di una grande storia d’amore.
Domanda social: qual è il vostro rituale quotidiano preferito?
E ora, la domanda è per voi: qual è il vostro rituale quotidiano preferito? Qual è quel gesto, quel momento, quell’abitudine che vi fa sentire vivi, presenti, amati? Raccontatelo, condividetelo, fatelo vostro. Perché i rituali, alla fine, sono proprio questo: una celebrazione della vita, dell’amore, del tempo che nutre.
con ostinata speranza,
Mino Russo
Marital Coach
Comments