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L'arte di essere coppia - Lezione #2: Litigare bene – Quando la rabbia diventa carezza

minorusso



C’è un momento, in ogni storia d’amore, in cui le mani che si cercavano diventano pugni chiusi. Le parole si fanno lame, i silenzi muri. Eppure, proprio lì, nel cuore del conflitto, si nasconde una verità paradossale: litigare può essere un atto d’amore!


Purché si impari a farlo come si balla un tango: passione e regole, abbraccio e distanza.


Oggi vi porto nel laboratorio segreto delle coppie che non hanno paura del fuoco, quelle che sanno trasformare gli urli in domande, i rancori in radici più profonde.


Il litigio che non ti aspetti. Non è crisi: è cura

L’amore non è un museo di cristallo: è una casa di argilla, che si modella e si ripara ogni giorno. C’è una scena che si ripete in tutte le storie d’amore vere. Due corpi che si sfiorano, due voci che si alzano, due mondi che sembrano sbriciolarsi. Eppure, proprio in quel momento di rottura, si nasconde un segreto antico: il litigio non è il sintomo di una malattia, ma il farmaco stesso.


Immaginate un albero.

Le sue radici affondano nella terra, i rami cercano il cielo. Quando arriva il vento forte, l’albero si piega, geme, perde foglie. Ma è proprio quel vento – apparentemente distruttivo – che lo costringe a crescere radici più profonde, a diventare resiliente.


Così è per l’amore: le discussioni accese non sono il crollo del ponte, ma il cemento che lo rende più solido. Perché? Perché il conflitto, quando non viene negato, è un atto di fiducia: “Mi fido così tanto di te da mostrarti le mie ombre, da non temere che tu fugga”.


Le coppie che evitano i litigi sono come giardinieri che rifiutano di potare: lasciano morire i rami secchi per paura di ferire la pianta. Ma la potatura – quel taglio netto, quel dolore controllato – è ciò che permette alla linfa di scorrere.


Un esempio?

Pensate a due amanti che litigano perché lui dimentica sempre di chiudere il tubo del dentifricio. Dietro quella lite banale, cosa si nasconde? Forse lei sente che il dentifricio aperto è un simbolo: “Non mi vedi, non ti importa del mio ordine interiore”. Lui, dal canto suo, potrebbe leggere nelle sue parole un attacco: “Non sono mai abbastanza all'altezza”. Litigare bene, in questo caso, significa trasformare il tubetto di dentifricio in un linguaggio di questo tipo:

  • Non è più "Sei disordinato!” (attacco all’identità),

  • Ma “Quando lasci il tubo aperto, mi sento invisibile” (rivelazione di un bisogno).


È qui che il litigio diventa cura: non perché risolve il problema (forse lui continuerà a dimenticarsi del dentifricio), ma perché crea un nuovo vocabolario per dirsi “Esisto, ti vedo, restiamo qui”.


Le relazioni sono come il mare: le onde – i litigi – non sono un tradimento della quiete, ma la prova che il mare è vivo.

Un oceano senza onde è una palude.

Un amore senza conflitti è un amore che ha smesso di respirare.


Quel che non ti dicono sul "non litighiamo mai"

Mi capita spesso di incontrare coppie fiere di dirsi: “Noi non litighiamo mai”.

Quando accade sorrido, ma dentro di me tremo perché so che dietro quella frase si nasconde spesso un deserto: due anime che non si sfiorano più, due universi paralleli che hanno smesso di cercarsi.


John Gottman, il sismografo delle relazioni, lo conferma quando dice che le coppie che evitano i conflitti hanno il tasso di divorzio più alto perché il vero veleno non è la discussione, ma la paura di guardarsi.


I 4 demoni che abitano le nostre liti (e come cacciarli)

Ogni litigio ha i suoi fantasmi. Gottman li chiama “I 4 Cavalieri dell’Apocalisse”.

Li riconosci?

  • La Critica: Non è “ti chiedo di cambiare”, ma “sei sbagliato”.

Esempio: “Sei sempre egoista!” → Come dire: *“Tu non meriti esistere”*.

  • Il Disprezzo: L’acido che scioglie l’amore.

Esempio: occhi al cielo, sorrisetti, quel “Ma certo, come no” che brucia più di un pugno.

  • La Difesa : La corazza che trasforma ogni parola in una guerra.

Esempio:“Non è colpa mia, sei tu che…” → Un muro di gomma tra due cuori.

  • Il Muro: Il silenzio che congela.

Esempio:Lui guarda la partita, lei scorre immagini su Instagram. Due cadaveri sul divano.


Ma c’è un antidoto, ed è più semplice di quanto credi: una parola assurda, un codice segreto, una chiave per fermare l’incendio.


“Pausa mango!” – Il potere magico del non-sense

Vi racconto di Sara e Marco.

Litigavano sempre sul suocero, una discussione a loop. Finché un giorno, durante l’ennesimo scontro, Marco ha urlato: “Pausa mango!"

Sara si è bloccata. Poi ha riso. Una risata liberatoria, come bambini scoperti a fare i dispetti.


Da quel giorno, “mango” è diventato il loro salvagente.

Funziona così:

  • Scegliete una parola folle (kiwi, tacchino, paracadute, gaglioffo, ... ) che non abbia legami con il passato.

  • Quando uno la urla, tutto si ferma: niente porte sbattute, niente piatti volanti.

  • 10 minuti di tregua: non per fuggire, ma per ritrovare il respiro.


Perché il non-sense spezza l’incantesimo?

Perché ridicolizza la gravità del conflitto. Perché ricorda che, in fondo, state litigando per un termosifone spento o una tazza sporca, non per la fine del mondo.


Le regole del gioco (che nessuno ti ha insegnato)

Litigare bene è come preparare una torta: servono gli ingredienti giusti e il timer.


  1. Il Timing

    Mai a stomaco vuoto (la fame trasforma tutti in orchi).

    Mai dopo mezzanotte (la stanchezza è benzina sul fuoco).

    Il momento giusto? Dopo un caffè, con le mani che si sfiorano.


  2. La Regola dell’Unico Tema

    Scegliete un argomento. Uno solo.

    Vietato scivolare su “E comunque 5 anni fa…”.

    Siete adulti, non archeologi di rancori.


  3. Il Linguaggio del Corpo

    Mani aperte, come offerte.

    Voce bassa, come una carezza.

    Niente oggetti in mano (il cellulare diventa un’ascia).


  4. La Domanda Segreta

    Prima di contrattaccare, chiedi:

    “Perché questo è così importante per te?”

    Scoprirai che dietro alla rabbia c’è quasi sempre una paura: di non essere amati, di non contare, di scomparire.


Come riparare la crepa (l’arte del kintsugi emotivo)

I giapponesi riparano le ceramiche rotte con l’oro: le cicatrici diventano bellezza.


Nelle relazioni, l’oro si chiama gesto di riparazione:

  • Un biglietto sotto il cuscino: “Anche arrabbiati, sei la mia casa”.

  • Un caffè portato a letto, senza parole.

  • Un abbraccio lungo 20 secondi (il tempo che serve all’ossitocina per sciogliere la rabbia).


Esercizio per voi:

Dopo un litigio, create insieme un “Patto di Pace”. Scrivete su un foglio: “Anche se a volte ci feriamo, scegliamo di amarci più del nostro orgoglio". Appendetelo dove lo vedete ogni giorno.


Storie di ordinaria magia

La coppia che rideva al fulmine

Giorgia e Luca litigavano sempre durante i temporali. Poi hanno inventato una regola:

Ogni tuono = un bacio. Ora aspettano i temporali come appuntamenti d’amore.


I due fan di Bowie

Alessio ed Elena usano le canzoni come codici:

  • “Let’s Dance” = “Fermiamo tutto e balliamo”.

  • “Heroes” = “Siamo una squadra, non nemici”.


L’amore sopravvive alla sua stessa ombra

C’è un paradosso che abita ogni storia d’amore degna di questo nome: amare non è cercare rifugio dalla tempesta, ma imparare a danzare sotto la stessa pioggia.

I litigi, le incomprensioni, le ferite non sono deviazioni dal percorso, ma il percorso stesso.


La psicoanalisi ci insegna che l’amore non nasce dalla perfezione, ma dalla mancanza.

Siamo esseri mancanti, feriti, in cerca di uno specchio che non ci restituisca l’immagine integra, ma quella spezzata eppure accolta. Per questo il conflitto, quando diventa linguaggio, è un atto di fedeltà: “Ti mostro le mie crepe perché so che non le userai come armi”.


Le coppie che durano non sono quelle senza cicatrici, ma quelle che hanno imparato a leggerle come mappe.

Ogni litigio è un geroglifico da decifrare:

  • Dietro un “Sei sempre al telefono!” può nascondersi un “Ho paura di non essere più interessante”.

  • “Non mi ascolti mai!”* spesso cela “Temo di non esistere più per te”.


L’arte di litigare bene è l’arte di tradurre le pietre in parole, di riconoscere che ogni urlo è un appello, ogni silenzio una preghiera.


Pensate alle onde del mare: si infrangono sulla riva, si ritirano, tornano. Non è forse questo il respiro dell’amore? Un alternarsi di presenza e assenza, unione e separazione, che non uccide il desiderio, ma lo nutre.


Le coppie che temono il conflitto sono come navi ancorate in porto: sicure, ma destinate a marcire. Quelle che navigano, invece, sanno che ogni tempesta lascia il cielo più pulito.


Concludo con un’immagine che amo e che abbiamo già considerato: il kintsugi, l’arte giapponese di riparare le ceramiche con l’oro. Le crepe non vengono nascoste, ma esibite. Diventano linee dorate, storie visibili di cadute e resurrezioni.


Così è per l’amore.

Non si tratta di evitare le rotture, ma di farle brillare, di riconoscere che ogni litigio, ogni incomprensione, è un filo d’oro che cuce insieme due solitudini.


Perché alla fine, ciò che rende sacra una relazione non è l’assenza di conflitti, ma il coraggio di gridare “Pausa mango!” e, subito dopo, ritrovarsi con le mani sporche di quella polvere d’oro che solo le ferite condivise sanno creare.




 
 
 

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