Il Matrimonio nell’Epoca dell’Individualismo: Il Deserto, il Giardino e la Voce del Marital Coaching
- minorusso
- 28 mar
- Tempo di lettura: 6 min

I. La Crisi del Legame: Naufragio nel Deserto dell’Io
Il matrimonio, quella promessa di alleanza tra due solitudini, oggi sembra sgretolarsi come un affresco esposto alla pioggia acida della modernità. Non è un caso che le statistiche parlino di un aumento di separazioni, di relazioni che si spezzano come rami secchi, di coppie ridotte a fantasmi che abitano lo stesso spazio senza più riconoscersi.
Ma cosa è accaduto?
Per comprendere questa crisi, dobbiamo interrogarci sulla natura del nostro tempo, dominato da un individualismo che trasforma ogni legame in una prigione da cui fuggire.
L’io contemporaneo, narcisista e iperconnesso, vive nella tirannia dell’autorealizzazione: l’altro non è più un compagno di viaggio, ma un ostacolo alla propria libertà, un limite al godimento senza restrizioni.
Qui, il riferimento lacaniano al "desiderio come mancanza" si fa cruciale. Nel matrimonio tradizionale, l’altro incarnava l’oggetto del desiderio, quel vuoto che dà senso alla ricerca. Oggi, invece, l’ideologia capitalistica trasforma il desiderio in consumo: si cerca non l’altro, ma l’esperienza, il nuovo, il diverso. Il coniuge diventa un prodotto da sostituire quando perde la sua scintilla. È il trionfo della "logica del gadget", dove nulla è insostituibile, e tutto è ridotto a merce usa e getta.
In questo deserto affettivo, il tempo condiviso si dissolve. La coppia moderna si riduce spesso a due monadi che si incrociano tra impegni lavorativi, schermi luminosi e stanchezze accumulate. Manca il "tempo vuoto", quello spazio non programmato in cui il silenzio diventa linguaggio, lo sguardo poesia. Senza quella quiete, il legame si atrofizza, come un muscolo non esercitato.
II. La Tirannia del Cronos: Quando il Tempo Divora l’Eternità
Nella mitologia greca, Cronos divora i suoi figli, simbolo del tempo che consuma ogni cosa. Oggi, il Cronos capitalista divora il tempo della coppia, riducendolo a frammenti dispersi tra produttività e intrattenimento. Il "tempo di qualità" diventa un altro compito da schedulare, un’attività da performare, perdendo la sua spontaneità. La coppia, così, vive in una temporalità schizofrenica: accelerazione frenetica alternata a vuoti di noia, senza mai toccare la profondità del Kairós, il tempo opportuno dell’incontro.
Il filosofo sudcoreano Byung-Chul Han parla di "società della stanchezza", dove l’eccesso di stimoli genera apatia. Questo si riflette nel matrimonio: la routine sostituisce la passione, i gesti d’amore diventano rituali privi di significato. Senza tempo per fermarsi, la coppia non può coltivare il "giardino segreto" di cui scriveva Octavio Paz: quello spazio simbolico dove due si fanno uno, senza annullarsi.
III. L’Erosione della Memoria: Quando il Passato Non Ha Futuro
I ricordi, un tempo collanti del legame, oggi sembrano sbiadire come fotografie esposte al sole. Nella società dell’oblio digitale, tutto è archiviato ma nulla è davvero custodito. Le chat sostituiscono le lettere d’amore, gli album di foto diventano nuvole virtuali, e gli anniversari si perdono tra le notifiche del calendario. La memoria, anziché essere un 'luogo sacro' dove la coppia ritrova le radici del proprio legame, si trasforma in un hard disk esterno, freddo e accessibile, ma privo di carne emotiva. Freud, nel suo "Ricordare, Ripetere, Elaborare", ci insegnava che la memoria non è un archivio statico, ma un processo vivo, un lavoro di tessitura tra passato e presente. Oggi, invece, i ricordi sono ridotti a dati, privati del loro potere trasformativo.
La coppia in crisi assomiglia a due viandanti che hanno smarrito la mappa del loro cammino comune. Senza una narrazione condivisa, senza miti fondativi (“ricordi quella volta che…”), il legame perde spessore simbolico. Lacan direbbe che è il "registro del Simbolico" a vacillare: il patto invisibile che tiene uniti due soggetti si sfalda quando il passato non è più una terra da abitare, ma un territorio abbandonato. L’oblio non è più un fenomeno naturale, ma un’amnesia indotta dalla logica del presente perpetuo. Il risultato? Due individui che condividono un tetto ma non una storia, come attori che recitano copioni diversi sullo stesso palco.
IV. Il Marital Coaching: Una Bussola nel Deserto
In questo scenario, il marital coaching emerge non come una bacchetta magica, bensì come una bussola in grado di orientare la coppia nel deserto dell’individualismo. Non si tratta di insegnare “tecniche” di comunicazione o di imporre regole, ma di riaprire uno spazio di ascolto dove il noi possa riemergere dalle ceneri dell’io. Il coach, in questa prospettiva, è un 'tessitore di silenzi', un mediatore che aiuta i coniugi a riconvertire il rumore dei conflitti in parole dotate di senso.
La prima sfida è affrontare la 'tirannia del narcisismo'. Come scriveva Christopher Lasch, la cultura del selfie trasforma l’altro in uno specchio: lo si ama finché riflette la propria immagine idealizzata. Il coaching lavora per rompere questo specchio, invitando la coppia a guardare 'oltre se stessi'. Attraverso domande scomode (“Cosa temi di perdere accanto a lui/lei?”) e esercizi di presenza (“Fermatevi. Cosa sentite ora?”), si scava sotto la superficie delle routine per ritrovare il desiderio sepolto. Non un desiderio di possesso, ma un desiderio lacaniano: quello che nasce dalla mancanza, dall’accettazione che l’altro non è mai totalmente conoscibile, e proprio per questo rimane un mistero da esplorare.
Il coach introduce inoltre il concetto di 'tempo rituale'. Nella frenesia del quotidiano, la coppia è invitata a creare “isole” di condivisione non negoziabile: una cena senza telefoni, una passeggiata in cui il silenzio è permesso, un gesto antico come preparare il caffè all’altro. Questi rituali non sono mere strategie, ma atti simbolici che riattivano il 'sacramento del quotidiano', trasformando il banale in significativo. Come scriveva Roland Barthes in 'Frammenti di un discorso amoroso', è nei dettagli apparentemente insignificanti che si nasconde l’essenza dell’amore.
V. Ricostruire il Giardino: Dal Deserto alla Fertilità
Il coaching, in questa ottica, è un lavoro da giardinieri dell’anima. Si tratta di dissodare il terreno inaridito dal risentimento, piantare semi di gratitudine, irrigare con pazienza ciò che sembra morto. Il giardino della coppia, richiede cura costante, non illusioni di perfezione. Non è un luogo senza spine, ma uno spazio dove le ferite possono trasformarsi in cicatrici che raccontano una storia di sopravvivenza.
Un esercizio proposto in questo percorso è il "Ripercorrere la geografia emotiva" della relazione. Dove siete stati felici? Quali luoghi, profumi, musiche vi legano? Si tratta di risvegliare la memoria sensoriale, spesso sopita dall’abitudine: un odore, un sapore che ci riporta all’essenza di un momento. Questo lavoro non cancella i conflitti, ma li contestualizza in una narrazione più ampia, dove l’amore non è assenza di crisi, ma capacità di navigarle.
Il coaching invita anche a ridefinire il concetto di 'per sempre'. In una società ossessionata dal provvisorio, l’eternità non è una promessa ingenua, ma una scelta quotidiana. Come il mito di Penelope che tesse e disfa la tela, la coppia impara che l’amore non è un contratto statico, ma un tessuto che si rigenera attraverso crisi e riconciliazioni.
VI. Oltre l’Io: L’Altro come Altrove
Il culmine di questo percorso è la riscoperta dell’alterità. Levinas parlava del "volto dell’altro" come invito etico a uscire da sé stessi. Nel matrimonio, questo significa accettare che l’altro non esiste per colmare le nostre mancanze, ma per ricordarci che la vita è sempre oltre noi stessi. Il coaching, in questa fase, diventa un 'laboratorio di vulnerabilità': mostrare le proprie paure senza maschere, ascoltare senza preparare risposte, abitare il conflitto senza distruggersi.
Qui, la coppia impara che l’individualismo non è libertà, ma solitudine. E che il vero legame non annulla l’io, ma lo espande attraverso il noi. Come due alberi le cui radici si intrecciano sottoterra, i coniugi scoprono che la loro forza sta nella capacità di sostenersi senza soffocarsi.
Conclusione: La Danza delle Ombre e della Luce
Il matrimonio moderno, non è destinato a estinguersi, ma a rinascere in forme più consapevoli. Il marital coaching non salva le coppie: le restituisce a se stesse, insegnando che l’amore non è assenza di tempeste, ma l’arte di danzare sotto la pioggia. In un mondo che idolatra l’effimero, questa danza diventa un atto rivoluzionario: scegliere di restare, non per dovere, ma perché nell’altro si intravede ancora un orizzonte da esplorare.
Alla fine, ciò che salva una coppia non è la perfezione, ma il coraggio di guardarsi negli occhi e dire: “Anche così, anche adesso, ci proviamo ancora”. È in quell' “ancora” che risiede il miracolo del legame: non un’eternità garantita, ma una fiamma che, se nutrita, può bruciare persino al polo nord.
Comments