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Uomini da Trincea, Donne da Assedio: Perché il Matrimonio è l’Ultima Guerra di Traduzione




L’Arte della Guerra Domestica

Se c’è una verità che resiste alla furia delle mode e al clamore delle rivoluzioni sociali, è quella dell’eterno dialogo tra maschile e femminile. Un dialogo che spesso si trasforma in monologhi incrociati, dove ognuno parla la propria lingua senza traduttore. Chiunque osi mettere pace in un conflitto coniugale deve sapere che uomini e donne non sono due varianti dello stesso animale, ma due specie diverse, educate da millenni a camminare su sentieri paralleli. Ignorarlo è come voler suonare un duetto tra un violino e un tamburo pretendendo che seguano lo stesso spartito.


I. La Storia: Cacciatori di Soluzioni, Raccoglitrici di Emozioni

«L’uomo discende dalla scimmia, la donna da un’altra scimmia», scriveva ironicamente G.K. Chesterton. La battuta cela una verità antropologica: mentre l’uomo preistorico affinava il linguaggio per coordinare battute di caccia (brevi, pratiche, orientate all’obiettivo), la donna lo sviluppava per tessere reti sociali nella caverna, dove la sopravvivenza dipendeva dalla capacità di leggere sguardi, gesti, toni di voce. Il risultato? L’uomo moderno parla per risolvere, la donna per connettere.


Prendete un litigio qualsiasi: lui reclama «Parlami chiaro!», lei ribatte «Non capisci cosa provo!». È il conflitto tra il logos maschile, che cerca la soluzione in una scaletta di punti, e il pathos femminile, che vuole prima di tutto sentirsi ascoltato. Come scriveva Tolstoj in Anna Karenina, «Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice lo è a modo suo». E il "modo" è spesso un labirinto di fraintendimenti linguistici.


II. La Parola come Strumento di Potere (e di Sabotaggio)

L’uomo usa le parole come scalpelli: per scolpire fatti, dichiarazioni, conclusioni. La donna le usa come acquerelli: per dipingere sfumature, atmosfere, legami. Il problema nasce quando lui, di fronte a un problema coniugale, estrae il manuale del tecnico («Fai così, problema risolto»), mentre lei cerca un confessore, non un ingegnere.


Ricordo una delle prime coppie con le quali ho lavorato: lui, industriale metodico, rimproverava alla moglie di «parlare per enigmi»; lei, colta e sensibile, lo accusava di «sordità emotiva». La soluzione? Non esisteva un dizionario comune. Come osservava la scrittrice Sibilla Aleramo, «Gli uomini vogliono essere amati per ciò che fanno, le donne per ciò che sono». E qui il linguaggio diventa un campo minato: lui celebra i suoi successi per guadagnare ammirazione, lei condivide vulnerabilità per ricevere complicità.


III. Il Silenzio: Elmo Maschile, Lacerazione Femminile

Il silenzio dell’uomo dopo un litigio è spesso tattica: un rifugiarsi nella tana per evitare di aggravare lo scontro. Quello della donna è un’arma di accusa: «Se taci, è perché non ti importa». L’uomo gioca a nascondino con i conflitti, la donna li affronta come una partita a scacchi, dove ogni mossa è una parola.


Un esempio? Durante una cena con amici, lui fa una battuta sgradita; lei lo fissa in silenzio, e lui già sa che pagherà quel tono per una settimana. Perché l’uomo usa il sarcasmo come scherma, la donna lo recepisce come un duello all’ultimo sangue.


IV. La Seduzione: Dialogo tra Sordi che si Credono Trovatori

Nella fase del corteggiamento, le differenze linguistiche si fanno commedia. Lui declama prosa («Sei bellissima»), lei cerca poesia («Cosa provi quando mi guardi?»). L’uomo, come Don Giovanni, colleziona verbi all’imperativo; la donna, come Madame Bovary, cerca aggettivi al superlativo.


Ovidio, nel Ars Amatoria, insegnava agli uomini a «lodare senza stancarsi». Ma oggi, in un’epoca di chat e emoticon, il corteggiamento è un campo minato: un «😊» può essere letto come affetto o superficialità; un messaggio breve come disinteresse o rispetto dello spazio. La donna legge tra le righe, l’uomo legge le righe. Risultato: equivoci a catena.


V. La Pace Armata: Come Sopravvivere alla Diversità

La riconciliazione richiede un armistizio linguistico. Lui deve imparare che «Va tutto bene» spesso significa «Devi chiedermi cosa non va»; lei deve accettare che «Non è un problema» a volte significa davvero «Affrontiamolo più tardi».


Prendiamo le scuse: per l’uomo, dire «Mi dispiace» è chiudere la pratica; per la donna, è l’inizio di un negoziato su emozioni da riparare. La saggezza? Come suggeriva il filosofo francese Alain: «Il matrimonio è l’unica guerra in cui si dorme con il nemico». E per vincere questa guerra, serve un trattato di pace che riconosca i confini delle due nazioni.


Consiglio pratico: istituite un «vocabolario coniugale». Lui impari a chiedere «Vuoi un consiglio o una carezza?» prima di parlare; lei conceda a lui il diritto al silenzio senza leggerlo come tradimento. E ricordatevi che la verità nella coppia è spesso un puzzle di percezioni: l’armonia sta nel non pretendere che i pezzi siano tutti uguali.


Conclusione: L’Elogio della Differenza

Chi sogna un mondo dove uomini e donne parlino la stessa lingua, commette un errore da ingenuo utopista. La bellezza del dialogo sta proprio nella sua imperfezione, nel continuo tradurre, nell’arte di ascoltare non solo ciò che viene detto, ma ciò che viene taciuto. Uomini e donne non devono diventare uguali, ma alleati nella diversità. Perché, in fondo, è proprio quel mistero irrisolvibile a tenere accesa la fiamma. O, per dirla con le parole di un vecchio proverbio toscano: «Se la moglie non ti rompe le scatole, controlla se c’è ancora il respiro».


Con ostinata speranza,

Mino

Marital Coach

 
 
 

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