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Approfondimenti

Empowerment e Marital Coaching

 

Definizione

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"Il termine empowerment indica un processo di crescita, sia dell'individuo sia del gruppo, basato sull'incremento della stima di sé, dell’auto-efficacia e dell’auto-determinazione per far emergere risorse latenti e portare l'individuo ad appropriarsi consapevolmente del suo potenziale. Questo processo porta ad un rovesciamento della percezione dei propri limiti in vista del raggiungimento di risultati superiori alle proprie aspettative”. (Fonte: https://it.wikipedia.org/wiki/Empowerment). 

Per chi si occupa di coaching il tema dell’empowerment è decisivo nella misura in cui esso è l’architrave su cui si regge l’intero processo.

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Per questo motivo vale la pena indagarne più a fondo caratteristiche e peculiarità: un corretto concetto di empowerment, infatti, rende particolarmente efficiente il processo di emersione delle risorse latenti che sono il vero oggetto di ogni percorso di coaching

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La definizione che abbiamo riportato lega l’appropriazione consapevole del proprio potenziale da parte del coachee al ‘rovesciamento della percezione dei propri limiti’: è su questo cambio di paradigma relativamente al modo di percepire i propri limiti che vogliamo concentrare le nostre riflessioni.

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Una ipotesi operativa

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Nel marital coaching questo ‘rovesciamento’ lo si può ottenere in molti modi. 

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Un metodo che abbiamo trovato particolarmente efficace è quello che consiste nella rifocalizzazione delle risorse emotive ed intellettuali sulla persona del partner, sulle caratteristiche, cioè, che rendono unico il proprio compagno di vita. 

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Quando ci si rivolge al marital coach, infatti, molto spesso lo stato presente dal quale si vuole evolvere è caratterizzato da una differente visione del mondo da parte di entrambi i partner e la definizione di un obiettivo ben formato fatica a venire ad esistenza a motivo della difficoltà a definire due delle sue caratteristiche essenziali: il fatto di rientrare nella responsabilità dei coachee e di essere frazionabile per poterne verificare, di volta in volta, lo stato di realizzazione. 

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La rifocalizzazione sulle caratteristiche del proprio partner ha il pregio di far rientrare nell’ambito del perimetro di responsabilità dei singoli l’obiettivo ben formato e di consentirne, mediante l’assegnazione di specifici esercizi a casa, la verifica periodica dello stato dell’arte quanto al suo raggiungimento. 

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Nella maggior parte dei casi il limite è rappresentato dalla ‘mappa' che ciascuno dei partner si è fatta dell’altro e della coppia che insieme costituiscono, senza che questo renda conto della immensa ricchezza del ‘territorio’, cioè della realtà, di quello che essi sono veramente. Mai come nel marital coaching emerge in tutta la sua evidenza l’esistenza di una “irriducibile differenza tra il mondo e l’esperienza che ne abbiamo” (La Struttura della magia, Bandler e Grindler, Edizioni Astrolabio, Milano, 1981, pag.25) e che, in definitiva, limita il novero delle scelte che appaiono disponibili ai coachee

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La rifocalizzazione sull’altro, sulle caratteristiche che ai nostri occhi lo rendono unico, identifica il limite e, nello stesso tempo, lo rimuove perché è proprio nella ricerca nel quotidiano di questi elementi, ricerca che è parte essenziale degli esercizi da svolgere tra una sessione e l’altra, che si fonda la ricostruzione di quel percorso interiore che sfocia in un nuovo innamoramento reciproco, vera e propria rinascita della coppia. 

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Un esempio concreto

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È rappresentativo, a questo proposito, il percorso di Marco e Gaia (per quanto superfluo, precisiamo che si tratta di nomi di fantasia), due giovani sposi che dopo i primi anni di matrimonio si sono rivolti al marital coach. Uno degli elementi su cui Marco ha voluto fondare il processo di rifocalizzazione nei confronti di sua moglie è stato il timbro della sua voce. Marco ha raccontato, durante le sessioni di marital coaching, che una delle prime cose che lo avevano fatto innamorare di sua moglie (id est: una delle caratteristiche che la avevano resa unica ai suoi occhi) era stato, appunto, il timbro della sua voce.

 

Per il marital coach è stato semplice, a questo punto, individuare l’oggetto dell’esercizio di rifocalizzazione: prendere nota, durante gli intervalli tra una sessione e l’altra, delle sensazioni che in Marco venivano richiamate dall’ascoltare sua moglie.

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L’elenco che ne è scaturito è ricco di espressioni molto intime, il cui potere evocativo Marco aveva dimenticato, e rileggendo il quale ha riscoperto il valore di Gaia quanto alla sua capacità di essere una donna sicura di sé, contagiosa nella sua irresistibile allegria, dalla risata serena e lieta. 

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Nel caso che stiamo prendendo come esempio, il rovesciamento dei propri limiti, ed il consequente empowerment della vita di coppia, si sono tradotti, per Marco, nel riconoscere di “sentire di avere il potere di amare Gaia”, un potere che Marco sembrava, dopo pochi anni di matrimonio, avere già rinunciato ad esercitare. Il richiamo a tenere traccia delle sensazioni suscitate dal timbro di voce di sua moglie è stato il trigger emotivo che ha riacceso, perché lo ha potenziato quanto alla sua capacità di concentrarsi, di focalizzarsi, su sua moglie, il mondo interiore di Marco. 

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La rifocalizzazione sul proprio partner ha, infine, il pregio di agevolare la riconfigurazione della relazione su basi virtuose: l’altro, infatti, viene riconosciuto come la risorsa necessaria sulle cui caratteristiche ‘riscoperte’ fondare il ‘rovesciamento dei propri limiti’.

Empowerment e Marital Coaching

 

Definizione

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Scopri le 5 fasi del tuo amore

Un matrimonio “patologico”, una coppia “malata”, una relazione “malsana”. Definizioni che etichettano due persone già in difficoltà, dando conferma alla loro già scarsa autostima, e aizzando il tipico rimpallo di responsabilità, alla ricerca del capro espiatorio, del paziente designato.

Non serve cercare colpe

Un paradigma utilizzato per scoraggiare queste derive è l’approccio sistemico, perché sposta l’attenzione ai processi di costruzione comune dei problemi. Ognuno dei due, ma anche altri significativi del “sistema” a cui appartiene la coppia (famiglie di origine, figli, amici) contribuisce a creare le dinamiche disfunzionali all’interno delle quali il malessere si esprime. Insomma, come si dice in gergo popolare, la “colpa” delle crisi è sempre un po’ di entrambi.
Un altro contributo interessante arriva dal lavoro di due psicoterapeuti americani – Ellyn Bader e Peter Pearson – che negli anni 80 hanno elaborato una modalità per lavorare con le coppie secondo il developmental approach, cioè un “approccio di sviluppo, evolutivo”.
In quello che è diventato un classico della terapia di coppia – In quest of the mythical mate – mai tradotto in Italiano propongono uno schema per diagnosticare e trattare le coppie molto convincente.
Con uno stile marcatamente “americano”, cioè diretto, schematico, orientato alla soluzione, un ampio uso di casi clinici a sostegno delle loro tesi, e un linguaggio molto semplice espongono una modalità assolutamente funzionale e positiva per lavorare con i più disparati problemi nei quali le coppie si trovano a soffrire.
 

L’amore cresce come un bambino

La teoria di base si può spiegare abbastanza semplicemente e prende le mosse dalle fasi che Margaret Mahler ha individuato per descrivere lo sviluppo psichico del bambino. 
Il neonato all’inizio – aveva scritto la Mahler – si trova in una fase simbiotica, nella quale è una cosa sola con la mamma, in cui il suo Io non è differenziato dall’Io della madre. 

Foto di ©Tropical studio


Ma gli esseri umani non sono programmati per la simbiosi e così, verso i 6-9 mesi, inizia la fase di differenziazione, in cui diviene più attento agli stimoli esterni, seguita dalla fase di sperimentazione – “l’avventura amorosa con il mondo” l’ha felicemente descritta l’autrice – quando dirige la sua energia verso l’ambiente esterno. Le mamme che hanno avuto bambini sanno che verso il 17-24 mesi c’è una sorta di regressione, una fase di riavvicinamento in cui la dipendenza e l’indipendenza si alternano spesso in modo confuso. Il bambino che quando è in braccio vuole correre, e quando si allontana chiede di essere preso in braccio. Un moto di vicinanza e allontanamento che serve a mettere alla prova e consolidare sua individualità, grazie alla quale può essere con la mamma in una relazione io-tu.
Perché abbiamo parlato dello sviluppo psichico del bambino piccolo?
Perché – secondo Bader e Pearson – la coppia evolve attraverso le stesse fasi, e i problemi possono essere affrontati un blocco nel naturale sviluppo della relazione, una mancata evoluzione. 
Pensare e rivolgersi alla coppia in termini di sviluppo, piuttosto che di patologia, produce un atteggiamento positivo. Aiuta a capire come evolvere, piuttosto di concentrarsi sulle mancanze, sui deficit, sulle patologie, si scriveva all’inizio. Aiuta il terapeuta ad essere incoraggiante, e alla coppia a non perdersi in scoraggianti ed infruttuose lagnanze.
 

Le fasi della relazione

Vediamo nel dettaglio queste fasi, e le sfide che comportano.
La prima fase è la fase simbiotica. Essere una cosa sola, le due parti di una mela, angeli con una sola ala che volano solo abbracciati: sono queste le metafore della coppia nella prima fase simbiotica, che enfatizza tutto ciò che accomuna e – più o meno consapevolmente – nasconde le differenze, ponendosi sempre in termini di “noi”. È il passaggio necessario per consolidare la relazione, ma permanere in questa fase porta a due rischi contrapposti. Da una parte rimanere “incollati” (“We are one” - Noi siamo uno) e annullare lo sviluppo delle singole personalità, con il rischio che il sistema si chiuda in se stesso e collassi. Dall’altra una modalità ostile-dipendente (“I can’t live with you and I can’t live without you” - Non posso vivere con te ma non posso vivere senza di te), un legame distruttivo e disperante, fatto di conflitti estenuanti dovuti all’incapacità di prendere le distanze. Ad ogni azione o provocazione dell’uno corrisponde una reazione dell’altro, in un cortocircuito di recriminazioni reciproche che si alimenta da solo. Per capire di che cosa si tratta c’è un ottimo e drammatico esempio nel film “Chi ha paura di Virginia Wolf?” (Nichols, 1966), ma anche nel recentissimo “Malcolm & Marie” (Levinson, 2021), attualmente su Netflix.
Praticamente impossibile arrivare alla fase di differenziazione senza una piccola o grande crisi. Innanzitutto perché è molto difficile che i due coniugi sentano la stessa esigenza contemporaneamente. Uno vorrà differenziarsi, ritagliarsi degli spazi di autonomia, mentre l’altro metterà in atto ogni strategia per rimanere in uno stato di romantica fusione. Seduzione, ricatto, lamentazioni. Fantasmi di tradimento e abbandono accompagnano questa fase. «Perché non siamo più come un tempo? Perché non sentiamo più le stesse cose? Vuol dire che è finita?»
Il consolidamento della fase di differenziazione porta ad una visione più oggettiva del partner, e vengono evidenziati gli aspetti nei quali i coniugi sono divergenti. Aumentano in questa fase le occasioni di divergenza e di conseguenza i conflitti, e quindi il compito di sviluppo è quello di riuscire a gestirli. 
La fase di sperimentazione (I want to be me! – Voglio essere me stesso-a) – che segue a ruota – è un periodo nel quale ognuno si dedica ad attività e interessi senza l’altro. L’autonomia e l’individuazione sono fondamentali.
Anche qui, può succedere che uno dei due sia ancora in fase simbiotica e l’altro nella fase di sperimentazione. In questo caso le tensioni aumentano prendendo la forma polarizzata “Don’t leave me/Leave me alone” – Non lasciarmi/Lasciami solo-a.

Crisi di coppia. È possibile coniugare una relazione con la libertà? Ci si può sentire liberi e legati allo stesso tempo?

Foto di Antonioguillem


Quando l’identità personale è sufficientemente definita, se la coppia è riuscita a rimanere ufficialmente e intimamente legata, arriva la fase di riavvicinamento (“Homeward bound” – Ritorno a casa) un ritrovato bisogno di recuperare il supporto emozionale nella coppia. Vicinanza e allontanamento si alternano (“One foot in, one foot out” – Un piede dentro un piede fuori) e vengono gestiti con meno ansia e conflitto.
La fase dell’interdipendenza, l’ultima, viene raggiunta quando la coppia riesce a coniugare la sicurezza della costanza della relazione con l’incoraggiamento reciproco ad affacciarsi nel mondo.
 

Creare struttura ed incoraggiare

Questo approccio crea una struttura di contenimento e di lettura dei problemi utile alla coppia in difficoltà, incoraggia i due ad assumersi individualmente la responsabilità del cambiamento, ad empatizzare con l’altro e le sue debolezze, e a focalizzare l’obiettivo sulla crescita e l’evoluzione della coppia.

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